Alberto_Parolini

Nato il 24 giugno del 1788 a Bassano, sin dall'età giovanile Alberto Parolini dimostrò spiccate attitudini e decisi interessi per il mondo della natura, passione del resto non nuova in famiglia.

Le opportunità offerte dal cospicuo patrimonio fondiario e l'inclinazione per la botanica manifestatasi già nel padre e ancor prima nel nonno e nello zio, gastaldi delle monache benedettine di San Girolamo in "Borgo del Lion", costituiscono gli ingredienti iniziali del ricco itinerario culturale lungo il quale si snoda la vita di Alberto Parolini, a cominciare dalla più giovane età.
A questi elementi si aggiunsero certo altri fattori importanti, come la vicinanza e la guida di Giambattista Brocchi che aveva entusiasmato il futuro naturalista di appena otto anni con la pubblicazione, avvenuta nel 1796, di un libretto intitolato "Trattato delle piante odorifere e di bella vista da coltivarsi ne' Giardini".
Orfano di madre a soli quattro anni, studiò dapprima presso il Seminario di Padova per passare poi agli studi universitari nella stessa città e, successivamente, a Pavia.
La famiglia, conosciuta come Parolin, proveniva da Rosà dove se ne trova traccia a partire dal XVI secolo e solo in seguito all'ammissione di Francesco, il padre del futuro naturalista, in seno al Consiglio cittadino acquistò titolo nobiliare e proprio con Alberto il cognome diventò Parolini.
Lo stemma della famiglia, rappresentato da un paiolo sormontato da una colomba che ha nel becco un ramoscello, sta forse a testimoniare il mestiere di costruttori di paioli, essendo "parolo" il termine dialettale da cui il nome ha origine.
E' certo, comunque, che fu grazie al commercio di olio e sale, alla partecipazione ad imprese commerciali e agli oculati investimenti immobiliari, che i Parolin accumularono capitali tanto ingenti da inserirsi tra le più antiche famiglie bassanesi, rispetto alle quali potevano in genere contare su un ben maggiore potere economico.
Alla morte del padre Francesco, avvenuta nel 1815, Alberto si trovò ad ereditare una vera fortuna in denaro, terreni e proprietà immobiliari. Allo stesso anno è databile l'incontro a Venezia con Filippo Barker Webb, un naturalista inglese al quale fu legato da un'amicizia fraterna per l'intera vita.
Negli anni immediatamente successivi ebbe inizio una serie di viaggi a scopo scientifico per l'intera Europa, con soggiorni a Londra e a Parigi città in cui poté stringere legami con i maggiori centri della cultura scientifica internazionale, tanto da risultare uno dei soci fondatori della Società geologica di Londra.
Il viaggio più esaltante dovette essere quello intrapreso nel 1819 con l'amico Webb attraverso la Grecia e l'Asia Minore, viaggio dal fascino indicibile per un uomo che alle conoscenze scientifiche univa il gusto e la curiosità nati dalla frequentazione dei testi di Omero cui gli studi universitari patavini riservavano un'attenzione particolare.
Fu proprio da questo viaggio che riportò le pigne da cui sarebbe nato il pino che porta il suo nome, il Pinus parolinii.
Se l'interesse per la botanica era sbocciato fin da giovanissimo, solo negli anni successivi al viaggio in Inghilterra del 1817 vanno datati i primi interventi nel giardino all'italiana che il padre aveva costruito e di cui è testimonianza il rilievo mappale fatto da lui stendere poco prima della morte. L'intervento, attuato secondo il gusto romantico dell'epoca che ha i suoi alfieri in Ippolito Pindemonte (Sui giardini inglesi e sul merito in ciò dell'Italia), in Cesarotti, in De Visiani (Delle Benemerenze de' Veneti nella Botanica) inserisce a pieno titolo Alberto Parolini nella temperie culturale del momento e nel dibattito letterario-filosofico relativo alla tematica dei giardini e, per Bassano, ne fa il precursore del giardino romantico, all'inglese.
Al miglioramento del giardino lavorò instancabilmente, arricchendolo di specie arboree e ampliandone la caratteristica di orto botanico. Lo protesse con una cortina muraria e costruì verso le Fosse l'ingresso con il cancello lanceolato fissato a due poderose colonne di stile dorico prive di capitello, in sintonia con il "rovinismo scenografico" caratteristico del tempo. Con il 1834 si può considerare ultimata la sistemazione dello spazio, diviso in giardino romantico e in "Hortus botanicus", che acquisterà straordinaria notorietà e sarà visitato non solo dagli studiosi europei, ma da personalità del calibro dell'Imperatore d'Austria Francesco I.
Dei sei figli avuti dalla moglie Giulia Londonio, sposata quando il Parolini aveva quarantasette anni, sopravvissero solo Elisa ed Antonietta che andarono spose rispettivamente al celebre naturalista irlandese John Ball e al nobile bassanese Paolo Agostinelli.
Dopo la morte del naturalista avvenuta nel 1867, fu la figlia Antonietta a proseguire con grande passione ed intelligenza l'attività del padre, lasciando poi erede universale il figlio Alberto Agostinelli che nel 1904 ottenne l'autorizzazione ad aggiungere il cognome del celebre nonno.
Alla sua morte, avvenuta nel 1927, il complesso botanico e le case passarono al Comune di Bassano secondo la volontà testamentaria, dopo una lunga disputa con i famigliari.
Dell'intensa attività in campo botanico di Alberto Parolini è opportuno elencare, a chiusura di questa sintetica presentazione, almeno i principali parchi nati dalla sua instancabile opera.
Due, uno ad Oliero e uno a sud dell'ex palazzo Polidoro confinante con l'Istituto don Cremona, sono oggi scomparsi; altri due, il Giardino Parolini e il parco della ex villa Diedo, a Cusinati, pur con trasformazioni e interventi dannosi o inopportuni, costituiscono ancora una valida testimonianza di un aspetto rilevante della cultura e della storia del nostro paese.

Non è forse inopportuno ribadire che tutti, pubblici amministratori e privati cittadini, dovrebbero essere tenuti a fare proprie le indicazioni contenute nella "Carta dei Giardini storici", conosciuta anche come "Carta di Firenze", che considera ogni giardino storico un vero e proprio monumento vegetale che, presentando un interesse pubblico dal punto di vista culturale e artistico, va conservato e tutelato nel pieno rispetto delle regole elencate nel documento stesso.

Massimo Caneva da sito veneto

La famiglia Parolini possedeva tutta l'area bagnata dal corso dell'Oliero, e quindi il giovane Alberto Parolini ebbe modo di compiervi delle escursioni.

Per la copiosità e la costanza dell'acqua che usciva dalla montagna e per la presenza già nota di un paio di grotte, egli ipotizzò una rete idrica sotterranea ricca di altre cavità. Fece alcuni lavori per allargare alcune crepe nella roccia, utilizzando della dinamite, e nel 1822 potè attraversare per primo il laghetto interno del Cogol dei Siori.

È il Parolini a dare alle grotte di Oliero i nomi tutt'oggi usati: Grotta Parolini al Cogol dei Siori, Grotta Cecilia di Baone al Cogol dei Veci, in ricordo della leggenda di cui si è già trattato, e Cascatelle di Tivoli alla piccola sorgente a metà strada fra le due grandi, e poi "Grotta delle due sorelle" in onore delle due figlie: Elisa, colta e studiosissima, moglie dell'alpinista John Ball e morta a soli 37 anni, ed Antonietta, moglie al nobile Paolo Agostinelli, gelosa custode delle grotte di Oliero e continuatrice delle opere del padre.

La figura veramente nobile, e non solamente in senso araldico, del Parolini meriterebbe una trattazione ben approfondita, che peraltro esula dallo scopo di questo lavoro.

Morì li 15 Gennaio 1867.