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SORGENTE DELL'ELEFANTE BIANCO 2003

di Roberto Rinaldi

(su "Mondo Sommerso" - Maggio 2003)

tratto da http://www.prometeoricerche.eu/GIGI/Report/elefante_bianco_2003.htm

 

Impressiona questa gigantesca galleria. Impressiona ancora di più se si pensa che è un abisso senza fondo. Se si paragona il nero assoluto in cui nuotiamo, alle terse acque smeraldine del laghetto in cui ci siamo tuffati all’inizio della nostra avventura. La grotta dell’Elefante Bianco è chiusa oramai da diversi anni. Chiusa da un’ordinanza del sindaco di Valstagna dopo un incidente che è costato la vita a due subacquei. Un provvedimento che ha privato gli appassionati di questo tipo di immersione di una delle mete più apprezzate. Una proibizione che ha aumentato ancora il fascino di questa grotta ed il desiderio di esplorarla. Così come avviene per tutte le cose proibite. Noi siamo arrivati li in febbraio, ci siamo affacciati alle sponde del laghetto in cui affiorano le acque di questa grande sorgente. Una spedizione dell’Aquatica Team guidata da Luigi Casati era stata messa in piedi per effettuare dei prelievi di acqua e di sedimento all’interno della grotta. Le esplorazioni più importanti erano state in precedenza portate avanti dal grande speleologo svizzero Olivier Isler: fu lui a raggiungere la profondità più elevata, 139 metri, fermandosi a circa 365 metri dall’ingresso. Luigi è affascinato da questa galleria, dalle possibilità esplorative che si evincono dalla morfologia. Isler gli raccontava di essersi fermato in un tratto di galleria suborizzontale: quasi una promessa che ancora tanto vi è da scoprire. Per una esplorazione del genere, Luigi ha messo in piedi una grande spedizione. Come al solito il suo gruppo è coordinato da Jean Jaques Bolanz, suo maestro di un tempo  poi compagno di avventure. A spalla si trasportano le attrezzature dalla strada fino al campo base, organizzato attorno a due tende messe a disposizione e montate dal Gruppo Grotte Giara Modon. Un riparo che proteggerà dal freddo i materiali e consentirà una vestizione confortevole nel caso in cui la temperatura esterna dovesse divenire troppo rigida. Così trascorrono i primi due o tre giorni: trasportando bombole, mute, compressori. E poi iniziando la fase di verifica delle miscele gassose già prepate. Gli uomini del gruppo si preoccuperanno subito di attrezzare la grotta entro la profondità di cinquanta metri. Il primo ad entrare in acqua è Gualtiero Naibo, che stende il filo. Benchè la grotta fosse stata infatti molto visitata a queste quote e dunque perfettamente attrezzata, le piene primaverili hanno oramai portato via i vecchi fili. Anzi, un lavoro da fare sarà proprio quello di bonificare il percorso portando via tutti i pezzi di sagola che accidentalmente potrebbero essere un pericolo per gli speleologi del gruppo. Il nuovo filo deve seguire un percorso razionale. La sagola deve essere fissata alle rocce della grotta, in modo che ogni tratto sia libero, corra lontano da fondo e sia bene in evidenza, seguendo il percorso più semplice, veloce e razionale. La successione di ancoraggi alle asperità, poi, fa si che, nel caso di una eventuale rottura del filo, solo un segmento sia interrotto, permettendo allo speleologo di assicurarsi con il suo svolgisagola di emergenza e partire alla ricerca del resto della sagola guida, ancora fissata a monte ed a valle di quella interruzione. Tecnica semplice e comune, questa, per gli speleologi subacquei: la tecnica dei frazionamenti e della ricerca della sagola. Il filo è stato metrato e di tanto in tanto compaiono etichette di nastro adesivo che indicano la distanza in metri dall’ingresso e mediante una piccola freccia la direzione dell’uscita. Una buona sagolatura è il presupposto di base per la sicurezza in grotta. Uno svolgisagola integro e con il filo metrato viene lasciato da Naibo a 50 metri, la dove Gigi partirà per proseguire l’opera di preparazione della grotta per l’esplorazione. Il filo appena disposto diviene la guida per posizionare tutta quella serie di bombole contenenti diverse miscele che serviranno sia per gestire le emergenze, sia per la necessaria decompressione. Un lavoro lungo, di precisione. Un lavoro su cui poggia ogni presupposto per la sicurezza della spedizione. Per questo l’analisi dei gas contenuti in ogni bombola diviene un rito quasi maniacale, per questo assolutamente ogni bombola è etichettata con un adesivo su cui è riportata la pressione totale, le pressioni parziali dei vari gas, le percentuali analizzate e la quota alla quale deve essere utilizzata. Intanto, mentre il lavoro nella grotta procede, Ennio e Caramella si occupano di assicurare alcune catene ai massi sul fondo del laghetto. Li verrà ancorata la campana che, sollevata grazie ad un argano, consentirà a Luigi di decomprimersi all’asciutto dai 12 metri fino in superficie. Io e Luigi dovremo realizzare un filmato per conto di una produzione RAI. Il nostro lavoro ha inizio quando la preparazione della galleria fino a -50 metri è ultimata. Filmerò Luigi mentre sagola la grotta dai – 50 ai – 107 e mentre ripulisce la galleria dai vecchi fili. Scendiamo nel laghetto con un bibombola da 20 + 20 litri sulla schiena, carichi con la miscela ternaria di fondo. Respiriamo da un piccolo 10 litri carico con miscela iperossigenta. L’acqua del laghetto è limpida, immobile anche dopo il nostro ingresso in acqua. La superficie liscia ci mostra gli alberi, la cima dei monti, le sagome dei nostri compagni sulle rive. Finchè due grappoli di bolle si schiantano su quella che sembra una lastra di vetro. La infrangono, cancellano le immagini del mondo esterno. Come a ricordarci che non siamo li per quello, ma per infilarci in quell’antro scuro, una quindicina di metri più in basso. Riprendo Luigi che scende elegante e si infila con agilità attraverso l’apertura. Con una mano sgancia la bombola di aria arricchita dall’imbracatura del bibo e l’aggancia al filo. Faccio lo stesso. Siamo a circa 25 metri, ritroveremo li le bombole al nostro ritorno e ci serviranno per continuare la decompressione. Pinneggiamo mantenendo la parete alla nostra sinistra. In breve siamo a -50. Luigi raccoglie lo svolgisagola preparato da Naibo e prosegue. Il fondale qui scompare sotto di noi, le pareti si allargano tra loro, noi scendiamo verso il basso e perdiamo dunque il contatto con la volta. A tratti distolgo l’attenzione dal monitor della videocamera e vedo la luce dei fari perdersi nel nero. Luigi ricorda il percorso dalle sue precedenti esplorazioni. Procede spedito, trova una serie di asperità sulle quali fermarsi per i frazionamenti necessari. Qui e la estrae le cesoie e taglia brandelli di vecchi fili: potrebbero essere molto pericolosi. Io mi guardo attrono ammirando la galleria che a tratti diventa davvero bellissima. Scopro tra le rocce il percorso delle acque che salgono dalle viscere della terra durante i periodi di piena. Seguo le forme erosive scolpite in questi solidi calcari. Passiamo tratti in cui le pareti sono lisce come di marmi levigati, poi tratti in cui le rocce sembrano guglie di sabbia di un castello di bimbi pietrificate. I due fari da 250 watt illuminano la scena di una luce piena e calda che mette in evidenza le forme. Lo stupore per la bellezza dell’ambiente supera il timore di una immersione in un ambiente così ostile. E nel monitor cerco le inquadrature migliori, le luci più belle, le forme rocciose più singolari, i movmenti di Luigi più eleganti. In breve siamo a -100. Abbiamo percorso circa 200 metri di galleria. Luigi assicura il filo dello svolgisagola che ha utilizzato, ne lascia un’altro nuovo, attaccato in quel punto con un moschettone: domani saremo ancora qui per scendere qualche metro più in basso e lasciare un mono da venti litri carico di miscela ternaria che servirà per continuare la progressione. Risaliamo lentamente. Luigi si concentra ora con più attenzione sulla pulizia della grotta dai vecchi fili. Ne taglia alcuni spezzoni che cadono sul fondo divenendo inoffensivi, ne riduce altri in pezzi tanto piccoli da non potervisi più impigliare. Attorno agli ottanta metri attraversiamo uno spettacolare arco roccioso. Oltre siamo di nuovo in una camera gigantesca, impossibile da illuminare con i nostri fari. È qui che chi come me non sa di speleologia, capisce quanto conti l’esperienza, quanto sia importante prima sagolare nella maniera corretta e poi seguire il filo al ritorno con la massima attenzione. Quanto conti avere con se una scorta di gas sovrabbondante ed adatto alla profondità che si intende raggiungere, quanto essere attrezzati come si conviene, con uno svolgisagola idoneo ed affidabile. Seguendo Luigi la nostra immersione non ha storia. Io posso dedicarmi con tranquillità alle mie riprese, lui all’ispezione del percorso e alla rimozione di ogni cosa possa trasformarsi in un ostacolo o in un pericolo durante le immersioni successive. E così, dopo il primo deep stop a -70, proseguiamo tranquillamente la decompressione. È bello alla fine uscire nelle luminose acque del laghetto e fermarsi qui, al sole, per le ultime soste, lasciando dietro le spalle il buio del ventre della sorgente. Anche la nostra immersione del giorno dopo va senza intoppi e lasciamo il monobombola da 20 litri carico di miscela di fondo a quota -107. Nei giorni successivi è Jean Jaques ad immergersi, raggiungendo la profondità di 120 metri, a 310 metri dall’ingresso. Li la luce della lampada si perde nel nero intenso di un pozzo di cui non si vede fine: ne aveva parlato Isler, dopo le sue immersioni. Tutto è pronto per l’esplorazione vera e propria. Campioni di acqua e sedimento sono stati raccolti fino a – 98 metri. Alla sua terza immersione Luigi si spinge fino a -132 metri scendendo il pozzo e raggiungendo la nuova galleria. Siamo oramai a circa 330 metri dall’ingresso. Per la prima immersione di punta Luigi si carica con tre bombole da venti litri cariche di miscela di fondo sulle spalle. Per la progressione utilizzerà gli altri venti litri che Jean Jaques e gli altri hanno disposto lungo il percorso. Dai -50 Luigi si sposterà a cavallo del mailino fino -120m, di la proseguirà a nuoto. Già al primo tentativo Luigi fornisce una performance straordinaria: raggiunge i -150 metri, spingendosi fino a circa 410 metri dall’ingresso  per una immersione che durerà ben 370 minuti. Il limite di Isler è stato superato per quasi 50 metri di sagola svolta e 11 metri di profondità. Quella dell’Elefante Bianco è la sorgente più profonda d’Italia. Ma questi sono solo numeri. Nel corso della sua immersione Luigi ha anche dovuto indovinare il percorso, stendere il filo, e percorrere a pinne oltre 200 metri tra andata e ritorno a quote comprese tra i -120 e i -150. Tre giorni dopo una nuova immersione. Seguo Luigi fino a -50, dove lo attendono i venti litri e il maialino. Di li sparisce. A me resta solo l’immagine delle tre enormi bombole che trasporta sulla schiena. Lo immagino mentre procede lungo il percorso oramai noto: fino ai -107 metri dove trova un altro mono da venti, poi avanti fino ai -120. Attaccato al maialino supera in volata i cinquanta metri di galleria pianeggiante a circa -120 e si lancia nel pozzo. Dai -127 metri inizia una frana di massi che ostruiscono la base del pozzo e si appoggiano a -139. Ancora un tratto orizzontale, poi il salto deciso fino a -150. Li Luigi lascia il maiale e procede a pinne sagolando. Racconterà di una galleria bellissima, che cambia continuamente direzione, con una serie di curve ampie e spettacolari. Li, sulle pareti, l’acqua ha inciso bellissime strutture erosive. A -162 metri la galleria continua. Luigi si ferma. Siamo a 465 metri dall’ingresso. A 10 metri sotto il livello de mare, dato che il laghetto è a quota +152m. Non resta che tornare indietro, seguire il filo e affrontare circa 410 minuti di decompressione. Era mezzogiorno quando è entrato in acqua e il sole splendeva sulle Alpi. É notte quando esce e le stelle brillano attorno alle cime dei monti.

 

Gli sponsor della spedizione:

Questa spedizione dell’Aquatica Team è stata realizzata grazie alle aziende Aquatica e Best Divers. La Aerotecnica Coltri ha fornito i compressori. La Utengas i gas tecnici.

Un ringraziamento particolare va al Comune di Valstagna che ha concesso i permessi e al Gruppo Grotte Giara Modon per l’aiuto e l’assistenza in loco.

 

Il dottor Morelli e il doppler:

Durante l’ultimo giorno della spedizione siamo stati raggiunti dal dottor Luca Morelli, specialista in medicina iperbarica. Era interessante misurare il livello di bolle presenti nell’organismo di Luigi dopo una immersione tanto impegnativa. E così sono stati registrati i dati di pressione e di elettrocardiogramma di tutti i subaquei che si sarebbero immersi quel giorno e sono state effettuate rilevazioni doppler. Al termine della giornata gli stessi esami sono stati ripetuti a tutti. Il dato che mi ha particolarmente colpito è stato che al di la dell’immersione effettuata e del gas utilizzato, i valori in termini di bolle rilevate dopo la giornata erano comparabili. Tutti molto bassi nella scala di Spencer. Tranne quelli di uno di noi che aveva effettuato diverse risalite continue e piuttosto rapide per portare su e giù cose necessarie per l’assistenza a Luigi. Valori misurati sul campo, ovviamente e non ancora accuratamente analizzati dal Morelli, ma estremamente interessanti. Interessante anche un altro elemento: le bolle misurate nel corpo di Luigi sono aumentate di ben quattro volte dopo che a piedi è risalito dal laghetto al campo. Un percorso in salita di una cinquantina di metri. Attenzione allora quando vi dicono di non fare sforzi dopo l’immersione: pare proprio che sia vero che potrebbe essere pericoloso!

 

Curiosità:

Gas consumato:

 

16 bombole da 40l di elio

 

13 bombole da 40l di ossigeno

 

1 bombola da 20l di argon

Numero totale di immersioni: 105

Numero totale immersioni esplorative: 2

Numero bombole di progressione per la punta: 5 da 20l

Numero di bombole in acqua per sicurezza e decompressione: 21, da 15l a 20l

Numero totale di bombole a disposizione: 80, da 4l a 20l

Totale filo steso: 465m

Totale fili vecchi rotti e pericolosi recuperati: 600m

Numero campionature sedimenti: 4, fino alla profondità di -98m

Numero maiali a disposizione: 5, utilizzati fino a 140m di profondità

Numero erogatori Poseidon Jetstream: 55

Numero erogatori Poseidon Cyclon: 15

Numero erogatori Apex: 6

Numero erogatori Kirby Morgan: 4

Numero fari da 500W: 1

Numero fari da 250W: 2

Numero fari da 100W: 5

Numero fari a scarica di gas: 5

Numero compressori: 4

Numero litri di benzina per i compressori: 100litri

Numero analizzatori di ossigeno: 5

Numero di analizzatori di elio: 1

Numero miscelatori: 3

Numero manometri di precisione: 4, di cui uno digitale

Numero narghilè: 3, di cui uno di 100m di lunghezza

Miscele usate per immersione di punta:

Fondo

 

8% ossigeno - 82% elio

 

8% ossigeno - 80% elio

 

9% ossigeno   - 75% elio

 

11% ossigeno - 65% elio

 

15% ossigeno - 60% elio

Decompressione

 

18% ossigeno - 40% elio

 

32% ossigeno - 35% elio

 

45% ossigeno

 

47% ossigeno

 

50% ossigeno

 

55% ossigeno

 

60% ossigeno

 

65% ossigeno

 

100% ossigeno in campana