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Calepino asta 

Nel febbraio del 1514 il Capitano Imperiale Cristoforo di Calepio detto il Calepino, al soldo dell’imperatore Massimiliano d’Austria prepara le sue truppe per scendere dal Trentino e conquistare i domini della Serenissima Repubblica di Venezia.

Dopo aver conquistato e dato alle fiamme la città di Feltre, il feroce capitano di ventura mira ad attraversare il Canal di Brenta e mettere a ferro e fuoco anche Bassano del Grappa, per aprirsi la strada verso la pianura con duecento cavalli e seicento fanti.
Senza aspettare che la città organizzi una difesa, gli abitanti di Valstagna, Oliero e Campolongo si muovono per batterlo sul tempo e contrastargli il passo.
Sotto la guida degli abili zattieri sbarrano la valle con detriti e tronconi, poi si arrampicano sugli angusti pendii di San Marino e del Passo della Corda, armandosi di pietre e archibugi.
La calata del Calepino è rovinosa: ignaro dell’agguato, il capitano di ventura vede ben presto scagliarsi sul suo esercito, prima una devastante pioggia di rocce e detriti, e quindi le picche e le asce degli uomini della valle, che scesero nella mischia.
La valle, stretta ed angusta, limita i movimenti delle truppe tedesche.La loro superiorità numerica viene resa vana e le file si spezzano.
calice

Calepino viene messo in fuga e quindi catturato a Rivalta, e portato poi dal Podestà di Bassano in un grande corteo all’indomani del 14 febbraio del 1514.
Oltre a gloria ed onori, i valstagnesi ricevono un ricco bottino di guerra tra cui spicca l’armatura del condottiero sconfitto, le sue insegne militari e la coppa d’oro in cui era solito bere. Di questi tesori, oggi rimane solo l’asta della bandiera del Calepino, incastonata nel Municipio di Valstagna (foto sopra) ed il calice d’oro conservato nella chiesa del paese.(foto a fianco)

La tradizione vuole che il calice, ancora oggi utilizzato nelle più importanti celebrazioni religiose, fosse adornato da catenelle d’oro e pietre preziose. Per il nuovo utilizzo liturgico il manufatto venne rimaneggiato da un orafo veneziano che, truffando i committenti, eliminò le catenelle e sostituì le pietre con dei falsi. Perduti gli originali preziosi si decise di incastonare al loro posto dei busti in miniatura dei santi Pietro, Paolo e Giovanni.