tratto da gggmodon

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1. Introduzione


1.1 Premessa

A costo di ripeterlo fino alla nausea, teniamo a precisare che questo documento non può sostituirsi a un serio corso tenuto da istruttori preparati e competenti. Le principali organizzazioni nazionali, sia speleologiche che subacquee possiedono strutture didattiche in grado di offrire la preparazione necessaria.
Valstagna aprile 2000


1.2 Riferimenti

Jean-Pierre THIRY, Techniques de plongee souterraine,Societe Speleologique de Wallonie - 1986
Gruppo Speleologico Lecchese - CAI Sezione di Lecco,
Atti del Corso Informale di Speleologia subacquea 3/4/5 giugno 1988
Touring Club Italiano
Manuale Pratico di Speleologia
Furio BAGLIANI, Maurizio COMAR, Franco GHERBAZ, Giacomo NUSSDORFER
Manuale di rilievo ipogeo Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia - Direzione regionale della pianificazione territoriale
CONI FIPS
Manuale Federale d’immersione Edizioni La Cuba
Americo Galfetti
Sommozzatore in acque dolci Editoriale Olimpia
Georges MARBACH, Jean-Louis ROCOURT
Tecniques de la speleologie alpine Techniques Sportives Apliquees editeur
G. BIANUCCI, E. RIBALDONE BIANUCCI
La chimica delle acque sotterranee Hoepli
Guido CHIESA
Inquinamento delle acque sotterranee Hoepli
Gabriele ROSSI-OSMIDA
Le caverne e l’uomo Longanesi & C.



2. I principi fondamentali

La speleologia subacquea si è fatta la triste fama di una disciplina ad alta mortalità. In effetti l’elenco delle vittime del Laghetto di Ponte Subiolo è diventato veramente lungo, e a questo si deve sommare quello del Gorgazzo.
Se l’elenco delle nostre vittime è impressionante, oltralpe è andata ancora peggio. È per questo che proprio là si sono sviluppati gli attuali concetti di sicurezza.
Questi concetti non sono quindi nati su basi teoriche, ma sull’analisi degli incidenti avvenuti e sulla ricerca di qualcosa che potesse evitare il loro ripetersi.
Dal confronto incrociato delle esperienze degli speleosub francesi, belgi, svizzeri, tedeschi, inglesi e italiani è emersa la necessità di ripensare il modo di fare immersione.
Si \ visto che era necessario abbandonare qualche vecchia abitudine e anche qualche concetto profondamente radicato.
Ne è risultata una dottrina che ha fatto gridare all’eresia, ma che alla prova dei fatti si è dimostrata vincente sia sul piano della sicurezza che su quello dell’efficienza delle esplorazioni.


2.1 L’immersione speleosub è un’immersione in solitaria.

Questa regola contrasta palesemente con quanto viene comunemente insegnato in tutte le scuole subacquee del mondo e merita quindi una spiegazione e una riflessione appropriata.
Chiariamo innanzitutto che questo non significa che è obbligatorio immergersi da soli, significa piuttosto che
per principio l’immersione sotterranea deve essere concepita comunque come una solitaria, anche se ci si immerge in due o più.
Com’è noto, la presenza del compagno rappresenta il cardine del concetto di sicurezza su cui si fonda l’immersione in acque libere. Ci si aspetta che questo intervenga in caso di necessità mettendo a disposizione parte della sua attrezzatura.
In grotta si preferisce non contare sull’intervento del compagno in quanto è molto probabile che questo sia inefficace o impossibile a causa della morfologia della grotta o della situazione in sè.
L’attrezzatura che lo speleosub si porta appresso deve essere in grado di risolvere tutte le situazioni che richiederebbero l’intervento del compagno. Si tratta quindi di un concetto di
autonomia della sicurezza.
Gli speleosub si abituano
gradualmente a immergersi in solitaria vincendo le proprie paure, scoprendone i relativi problemi e risolvendo da soli le situazioni.
Non è certo consigliabile cominciare di punto in bianco a immergersi in solitaria. È meglio prendere contatto con qualche gruppo di speleosub già affermato e farsi addestrare adeguatamente.

In ogni caso la normale attrezzatura da sommozzatore, non è idonea all’immersione in solitaria.

Nel caso di cavità che presentano strettoie, se uno degli speleosub si incastra, viene a creare una situazione di pericolo anche per gli altri.
Un altro pericolo è rappresentato dalle immersioni in folti gruppi. Più persone sono presenti nel sifone e maggiore è la confusione che ne consegue. Questo impedisce di concentrarsi su ciò che si sta facendo, si aumentano i rischi di incidente e di panico fra i partecipanti.
A questo proposito giova ricordare un incidente mortale accaduto a un giovane istruttore FIPS nel novembre del 1989 nel Laghetto di Ponte Subiolo (Elefante Bianco). Anche se non sono mai stati chiariti completamente i fatti, è da rilevare come nonostante fosse accompagnato da quattro persone, nessuna di queste si è resa conto tempestivamente della situazione.
In tutti gli incidenti mortali avvenuti nel Laghetto di Ponte Subiolo si riscontra una drammatica costante: l’impossibilitato o inutile intervento del compagno che viene anche talvolta coinvolto mortalmente.
Anche il concetto di programmazione assume un ruolo diverso. Nella speleologia subacquea la programmazione cessa di rivestire un ruolo centrale. Non è proibito programmare l’immersione, anzi molte scuole insistono perchè questa sia fatta, però non si può fondare la propria sicurezza su di essa.


3. L’ambiente grotta

Immergersi in grotta non è come farlo al mare. Se capita qualche inconveniente nelle acque aperte, si può sempre tentare di riemergere con una pallonata, è una soluzione estrema che può dare problemi per la decompressione, ma almeno si è fuori.
In grotta non si riemerge tanto facilmente e rapidamente. Tutta la strada fatta all’andata dovrà essere ripercorsa al ritorno.
Non è possibile immergersi in grotta sotto il peso psicologico di un’ambiente ostile che risveglia paure ancestrali. Così come si pretende che un sub possieda acquaticità, cioè che sia in grado di affrontare l’acqua come un ambiente per lui naturale, analogamente si deve pretendere che uno speleosub affronti la grotta come un ambiente per lui naturale.
Il termine “grotticità” fa un po’ ridere e infatti non si usa, ma esprime analogia con la subacquea quando ci si riferisce alla necessità di essere affini all’ambiente che si vuole affrontare.
Per uno speleosub, un corso di speleologia è irrinunciabile. Il Gruppo Grotte Giara Modon, come tutti i club speleo, organizza annualmente un corso di speleologia. Si tratta di un corso molto serio. Sotto certi aspetti anche abbastanza duro, ma comunque alla portata di chiunque.
Il corso dura all’incirca un mese. Occupa l’intera domenica per l’uscita settimanale o la palestra e una serata infrasettimanale per la parte teorica.
Tutti rimangono stupiti dalle cose incredibili che si riescono a fare in un solo mese di corso. È un’esperienza indimenticabile.
La speleologia, con o senza autorespiratore, non è una cosa semplice. È fatta di una mole di culture, esperienze e conoscenze scientifiche troppo vasta per poter essere descritta in breve.
Non bisogna lasciarsi ingannare dall’atteggiamento talvolta austero degli speleologi quando si rivolgono al pubblico e scodellano termini scientifici o tecnici. Una certa serietà ci vuole se si vogliono ottenere finanziamenti.
Nella realtà sono pochi gli ambienti dove ci si diverte come con gli speleo.


3.1 La visibilità

Le grotte carsiche hanno generalmente acque molto limpide, ma dopo intense precipitazioni facilmente diventano torbide e tali rimangono per diversi giorni finchè le sospensioni non si depositano.
Le acque possono essere state intorbidite anche da coloro che si sono immersi prima di noi, così come un’acqua perfettamente limpida può diventare torbida dopo il nostro passaggio.
Iniziare un’immersione con acque torbide non è molto attraente e non è nemmeno molto promettente. In certi casi non è neanche molto intelligente.
Girarsi e scoprire che le acque che abbiamo appena percorso con orgogliosa sicurezza si sono trasformate in un impenetrabile caffèlatte non è una sorpresa piacevole. Per rendersene conto basta fare un’immersione con la maschera oscurata, la situazione è analoga.
La finissima argilla che spesso pavimenta le gallerie delle grotte, quando si porta in sospensione riduce la visibilità a
zero, tanto che diventa persino impossibile leggere i manometri.
Per cavarsela in queste situazioni è necessario avere previsto un’adeguata riserva d’aria che consenta di far fronte alla lentezza che ci sarà imposta da un ritorno in acque torbide, ma soprattutto è indispensabile l’uso del filo d’Arianna ed è indispensabile non perdere mai il contatto tattile con esso (il contatto visivo non basta).


3.2 Strettoie

Le strettoie sono un pericolo anche nella speleologia non subacquea, nella speleologia subacquea lo sono molto di più.
Il rischio di rimanere incastrati in una strettoia è reso molto consistente dalla complessa attrezzatura che lo speleosub indossa.
Alcune strettoie si restringono impercettibilmente finchè lo speleologo si ritrova perfettamente incastrato con forti difficoltà e proseguire o a tornare indietro.
Altre volte è la stanchezza a rendere difficile l’attraversamento al ritorno di una strettoia che si è presentata facile all’andata. In questo caso, la fatica unita alla brutta sorpresa di trovarsi incastrati può portare all’affanno e al panico.
Come per speleologi, anche per gli speleosub, le strettoie non vanno sottovalutate. Talvolta affrontarle comporta un’organizzazione particolare dell’immersione e delle attrezzature, può essere necessario togliersi le bombole e reindossarle dopo l’attraversamento.
In conclusione è meglio lasciare certe strettoie agli speleologi esperti che fanno speleologia subacquea esplorativa.


3.3 Corrente

La corrente può essere un problema pericoloso. Da segnalare un incidente avvenuto qualche anno fa al Gorgazzo, dove un sub trascinato dalla corrente è andato a sbattere contro la roccia. Le rubinetterie si sono spezzate e la fuoriuscita dell’aria dalla bombola ne ha causato la morte.
In genere le gallerie che presentano forti correnti hanno carattere stagionale. Le stesse gallerie possono essere percorse senza problemi in altri periodi dell’anno. In linea di massima si preferisce evitare le immersioni quando c’è corrente rinviandole a tempi migliori con opportunità migliori di progressione.
Questo non è possibile se la corrente è una caratteristica costante della grotta. In questo caso bisogna tenere presente che un’immersione con il favore della corrente diventa problematica al ritorno. È il caso di grotte con più rami, dove si passa da un ramo laterale calmo a quello principale con corrente forte. Gli effetti della corrente diventano più consistenti in corrispondenza delle strettoie a causa dell’effetto Venturi.
Talvolta è indispensabile attrezzare queste strettoie con corde speleo e avanzare usando maniglie autobloccanti. Si tratta comunque di immersioni molto difficili e rare.


3.4 La compensazione

I sifoni possono presentare numerose variazioni di profondità. Questi vengono chiamati sifoni jojo proprio perchè costringono il sommozzatore ad andare su e giù (in senso batimetrico).
Le continue variazioni di quota comportano la necessità di una continua compensazione e ciò può provocare dei problemi per la continua sollecitazione delle mucose.
Possiamo riferire il caso di un amico (uno dei più grandi speleosub del mondo) che ci ha confidato che l’unica volta che ha avuto veramente paura è stato durante una visita in uno di questi sifoni jojo. Al ritorno non riusciva più a compensare e a chiedersi seriamente se sarebbe riuscito a uscire.
Ci è riuscito forzando molto e sopportando dolori lancinanti.
Non è il caso di affrontare questo tipo di sifoni se non si è certi di non avere problemi di compensazione e comunque è meglio attuare sempre la compensazione preventiva, cioè prima che sopravvengano i segnali di dolore in modo da non irritare le mucose.
Va ricordato infine come questi problemi possano verificarsi facilmente dopo aver contratto un’infezione influenzale o un banale raffreddore.


3.5 Le nicchie d’aria

Alcune grotte presentano in profondità delle cupole nelle quali si imprigiona aria.
L’aria che si accumula in queste cupole è quella proveniente dagli erogatori di altri sommozzatori che sono passati prima. È viziata e respirarla può provocare malesseri, soprattutto se il profondimetro segna pressione.
Anche un ampio salone alla fine di un sifone può essere pericoloso poichèvi si possono accumulare anidride carbonica, gas tossici o venefici.
Talvolta questi gas sono così velenosi che basta un solo atto respiratorio per provocare la morte.
Gas tossici si possono trovare anche per presenza di vene d’acqua sulfurea, oppure per fermentazione di sostanze organiche dovute all’inquinamento o per fenomeni di vulcanismo.
La decomposizione e la fermentazione di sostanze organiche produce anidride carbonica, un gas inodore e incolore. In presenza di concentrazioni superiori al 10% provoca asfissia.
Altri agenti inquinanti possono provocare la presenza di derivati dello zolfo, quali l’anidride solforosa, l’idrogeno solforato e acido solforico provenienti da processi industriali o da inquinamento urbano. Tutti i derivati dello zolfo sono fortemente tossici a piccole concentrazioni.
L’unico modo per essere sicuri è non togliersi l’erogatore quando si riemerge.
Gli speleologi che fanno speleologia subacquea esplorativa preferiscono analizzare l’aria in una immersione successiva usando un’apposita pompa manuale che aspira aria attraverso una fiala contenente una sostanza rivelatrice. La percentuale di gas tossico viene letta direttamente sulla scala graduata ricavata sulla fiala. Questa apparecchiatura è reperibile presso i fornitori di materiale antinfortunistico.


3.6 La profondità

La conoscenza dei fenomeni di narcosi da azoto fa parte delle fondamenta della preparazione di un sommozzatore e quindi l’argomento esula dagli scopi di questo documento.
Tutti i sommozzatori sanno quanto siano pericolose le immersioni profonde. In grotta lo diventano ancora di più perchè è abbastanza facile raggiungere grandi profondità in quanto, contrariamente a ciò che avviene al mare, in grotta non vi è un mutamento della luce, della flora e dell’ambiente che segnala che si è raggiunta una profondità notevole.
È molto difficile che un sommozzatore esperto possa raggiungere grandi profondità senza esserne cosciente, tuttavia succede spesso che la mancanza di un segnale ambientale porti a sottovalutare la profondità raggiunta.
Le immersioni profonde sono altamente specialistiche e vanno riservate ai pochi che, per capacità e disponibilità economica, si possono permettere le miscele ternarie a base di elio.
Queste miscele permettono di raggiungere profondità molto elevate mantenendo una perfetta lucidità mentale, per contro la decompressione è molto più lunga e delicata. Ci sono grandi nomi della speleologia subacquea che hanno subíto gravi lesioni fisiche per problemi da decompressione dopo un’immersione con miscele di elio.



4. Le attrezzature

Nella sezione dedicata ai principi generali si è affermato che la speleologia subacquea è una disciplina che si pratica in solitaria poichè non si può contare sull’eventuale soccorso del compagno.
Inoltre sono state evidenziate alcune particolarità che rendono l’immersione in grotta molto diversa da quella in acque aperte.
L’attrezzatura dello speleosub si adegua a queste problematiche e propone alcune importanti soluzioni.


4.1 Autorespiratore

Bombole separate
Il gruppo autorespiratore da speleologia subacquea è l’attrezzatura che più di qualsiasi altra rispecchia la filosofia di questa disciplina.

L’autorespiratore è composto da un minimo di due bombole separate. Ad ognuna delle bombole è collegato un erogatore con manometro.

Qualsiasi rottura dovuta alle rubinetterie, alle fruste degli erogatori o agli erogatori stessi, nel caso di bombole collegate o di monobombola, causa il completo svuotamento della riserva d’aria
Con le bombole separate, se una si svuoterà ne rimarrà sempre un’altra disponibile.
Il doppio erogatore su una sola bombola non è una buona idea: se l’inconveniente provoca lo svuotamento della bombola entrambi gli erogatori diventano inutili, lo stesso vale nel caso in cui il problema derivi da un cattivo funzionamento del primo stadio in comune, inoltre si inserisce un ulteriore punto di rottura (tutto ciò che non c’è non si può rompere).

Gruppo bombole da speleologia: notare gli attacchi DIN, le fasce di assemblaggio e le rubinetterie protette.

In definitiva gli speleosub si immergono con un minimo di due autorespiratori completi e indipendenti.

Rubinetterie
Negli autorespiratori da speleologia subacquea si usa esclusivamente l’attacco tedesco, o attacco DIN.
Il motivo che ha portato a questa scelta è la sua maggiore affidabilità rispetto a quello tradizionale a staffa o attacco internazionale.
L’attacco DIN evita problemi con gli O-Ring ed è adatto a sopportare alte pressioni. L’attacco si avvita direttamente sulla femmina ricavata nella rubinetteria, non ha sporgenze dalla parte opposta e riduce i rischi derivanti dagli urti.
Per le sue ottime caratteristiche l’attacco DIN è stato adottato dagli standard professionali.
Per proteggere le rubinetterie dagli urti si usano delle protezioni.
È importante anche adottare tutte le possibili precauzioni per prevenire la possibilità che il filo d’Arianna possa penetrare fra le due bombole o fra le rubinetterie e impigliarsi. In genere è sufficiente un elastico o una fascetta fra le protezioni.


Erogatori
Ad ogni erogatore si collega un manometro. C’è chi preferisce attaccare il quadrante del manometro sotto il secondo stadio dell’erogatore. In questo modo l’individuazione del manometro giusto è immediata. Altri preferiscono tirare gli erogatori sulla destra e i manometri sulla sinistra. Entrambi i metodi sono buoni e si deve scegliere quello che piace di più. Se si sceglie il secondo sistema si deve apporre un’etichetta di colore corrispondente sia sul secondo stadio che sul manometro in modo da individuarlo con precisione e immediatezza.
È molto importante che erogatori e manometri non siano lasciati liberi di flottare nell’acqua, ma siano fissati al corpo in modo da essere rapidamente trovati in caso di necessità. Un sistema molto diffuso consiste nel fissarli agli spallacci delle bombole mediante elastici di camera d’aria. Gli erogatori lasciati liberi, oltre ad essere spesso difficili da agguantare, possono anche girarsi al punto tale da disporsi sul dorso delle bombole e costituire un pericolo per la possibilità di impigliarsi.
Avere le bombole separate non basta. Bisogna anche sapere come si usano. Un giovane sommozzatore è morto nel 1992 nel Laghetto del Subiolo. Aveva le bombole separate, ma non sapeva come si dovevano usare.


4.2 La regola del terzo

La regola del terzo prevede che si possa consumare solamente 1/3 della riserva d’aria per il percorso di andata, 1/3 per il percorso di ritorno e 1/3 rimane disponibile per gli imprevisti.
Per prima cosa si calcola una riserva di sicurezza pari al 10% della pressione di carica. Se le bombole sono caricate a 200 bar la riserva sarà di 20 bar per ogni bombola.
Possiamo utilizzare quindi 180 bar per l’esplorazione. Applicando la regola del terzo otteniamo: 180/3=60 che significa che possiamo utilizzare 60 bar per l’andata e 60 bar per il ritorno. Quindi quando il manometro segna una pressione di 140 bar è il momento di tornare indietro.
Qual’è la logica? Semplice: abbiamo due bombole separate, quindi all’andata consumiamo 60+60=120 bar. Dentro ogni bombola sono rimasti 180-60=120 bar. Dobbiamo ragionevolmente supporre che al ritorno avremo un consumo analogo, cioè avremo bisogno di 120 bar. Se l’aria di una delle due bombole dovesse improvvisamente diventare indisponibile, in quella rimanente avremo esattamente la quantità d’aria di cui abbiamo bisogno per il ritorno. A questa andrà aggiunta la riserva di sicurezza del 10%.
Riassumendo:
riserva del 10% all’andata al ritorno
È importante non consumare un terzo da una bombola per poi passare all’altra, ma attingere alternativamente sia dall’una che dall’altra ogni 10-20 bar di consumo, in modo da poter disporre sempre della massima scorta d’aria in caso di incidente.

La regola del terzo

4.3 Illuminazione

Disporre di un’illuminazione adeguata è importantissimo. Rimanere senza luce può essere drammaticamente grave come il rimanere senz’aria.
È considerata regola tassativa immergersi con almeno 3 fonti di luce di cui almeno una di potenza non inferiore a 20 watt.
Due vanno accese quando si parte in modo che se una dovesse guastarsi non ci si troverà al buio nel momento in cui si cercherà di accenderne un’altra. In caso di guasto si accende la lampada tenuta di scorta e ci si avvia verso l’uscita.
In genere si tratta di torce subacquee fissate al casco. Un buon sistema, anche se esteticamente poco piacevole, consiste nel fissarle con gli onnipotenti elastici di camera d’aria. Le torce così sistemate non rischiano di staccarsi ed essendo fissate con un sistema elastico risentono meno in caso di urti.
Le luci fissate al casco permettono di avere le mani libere e si può facilmente intuire come questo sia importante.
Casco da speleosub, torce e lampade di potenza

Vanno benissimo i caschi da Hockey che essendo regolabili possono essere adattati alla testa di ognuno, inoltre essendo forati permettono la fuoriuscita dell’aria nel momento in cui ci si immerge. È conveniente sostituire il sottogola del casco con un elastico di camera d’aria.
Prima di affrontare l’immersione si deve essere certi che lo stato di carica delle batterie sia sufficiente ad assicurarci l’autonomia desiderata.
L’autonomia di ogni singola torcia deve essere ragionevolmente superiore a quella dell’immersione che si intende effettuare.
È possibile realizzare illuminatori potenti con costi molto bassi. Basta collegare la lampadina alla batteria tramite un interruttore e realizzare un circuito di collegamento come se dovesse funzionare all’aria. Questa lampada può quindi essere tranquillamente immersa avendo però l’avvertenza di accenderla solo quando è completamente immersa e di spegnerla prima di riemergere. In ogni caso non è opportuno usare tensioni superiori a 12 V.
Nonostante l’acqua sia conduttrice, queste lampade presentano una perdita di corrente irrisoria. Hanno però l’inconveniente di ossidarsi rapidamente nei contatti e nelle parti in rame esposte all’acqua a causa dei fenomeni di corrosione elettrochimica. Questo obbliga a sostituire completamente il circuito dopo circa 3 o 4 immersioni. La sostituzione va fatta assolutamente allo scopo di prevenire guasti che potrebbero essere molto spiacevoli. Considerando però che si tratta solo di cambiare qualche filo il sacrificio non è poi grave. Queste lampade sono inutilizzabili in acqua di mare dove la salinità aumenta considerevolmente la conducibilità dell’acqua e quindi la corrosione diventa rapidissima.

4.4 Maschera

All’acquisto conviene provarla indossando il casco e verificando che non ci siano inconvenienti.
La cosa più importante è immersi con una maschera di riserva. Il lacciolo della maschera è infatti soggetto a usura e prima o poi si rompe.
Trovarsi senza maschera in sifone è estremamente critico.
La maschera di riserva può essere custodita nella tasca del jacket o fissata al corpo. Se si dovesse rompere basta sostituirla con quella di riserva.
Questa operazione prevede che ci si tolga casco, che si indossi la maschera e che ci si rimetta il casco. Si tratta di un’operazione apparentemente semplice, ma che è meglio essere allenati a farla.

4.5 L’abbigliamento

Le grotte sommerse presentano in genere valori di temperatura che vanno dai 5 ai 9 gradi. Si tratta di temperature decisamente rigide che espongono il corpo a una aggressione non trascurabile.
Nel caso di immersioni lunghe o profonde è sicuramente preferibile la muta stagna. La muta stagna evita il contatto del corpo con l’acqua e quindi la perdita di calore risulta sensibilmente inferiore.
Bisogna imparare a usarla bene e acquisire dimestichezza con questa attrezzatura prima di rischiare immersioni in grotta.
Sotto la muta si può indossare del vestiario per proteggersi ulteriormente dal freddo: mutandoni e maglia di lana, oppure appositi sottomuta.
Molti usano dei sottotuta da speleologia in pile. L’importante è che il vestiario sottomuta sia un buon compromesso fra abbigliamenti caldi che lascino traspirare il corpo e non impediscano il movimento una volta indossati.
Anche con la muta stagna si usa il G.A.V.
Si tratta di una sicurezza fondamentale. Se la muta si allaga si dispone ugualmente di un sacco d’aria da gonfiare. È bene che la frusta di caricamento del G.A.V. non sia attaccata alla stessa bombola a cui è attaccata la frusta di caricamento della muta in modo che se una delle due bombole diventa inutilizzabile si usa l’altra. Un’altro vantaggio offerto dalla presenza del G.A.V. è la maggior libertà di movimento. È noto che con le mute stagne esiste il problema del riba1tamento. Se ci si mette a testa in giù tutta l’aria presente nel tronco si trasferisce alle gambe con la conseguenza che non si riesce più a raddrizzarsi.
Lo speleosub ha bisogno di potersi muovere liberamente durante le esplorazioni e comunque non può tollerare la possibilità un simile inconveniente.
Usando il G.A.V. assieme alla muta stagna, si evita di utilizzarla per l’assetto. In questo modo si può tenerla leggermente in ventosa e quindi il rischio di ribaltamento si riduce a zero e si riacquista la stessa libertà di movimento che si ha con la muta umida.
Le mute costano. Se sono stagne costano anche molto. È un peccato vederle deperire rapidamente a causa delle sollecitazioni della grotta. Per proteggere la muta si usa una tuta in nylon da speleologia. Questa tuta presenta caratteristiche di elevata resistenza essendo concepita proprio allo scopo di resistere agli strappi provocati dalle asperità della grotta.
Se si usa la muta stagna è necessario praticare dei fori sulla tuta in corrispondenza delle valvole di carico e scarico per permettere il collegamento della frusta e l’evacuazione dell’aria, da scaricare.

4.6 Attrezzature varie

Cesoie
In grotta non ci sono reti da pesca da cui liberarsi. C’è il filo d’Arianna. In certe grotte frequentate da anni dai sommozzatori capita troppo spesso di trovare vecchi fili abbandonati. Questi fili possono costituire un serio pericolo per la facilità con cui ci si può impigliare. Da ciò risulta la necessità di disporre anche in grotta di idonei attrezzi da taglio come al mare.
Quando si posano i fili c’è anche l’esigenza di tagliarli quando si è terminato il lavoro.
In speleologia subacquea al posto del coltello si preferisce usare una cesoia. Questa scelta è stata determinata dal fatto che si possono trovare fili in metallo che il coltello non riuscirebbe a tagliare.
La cesoia è poco ingombrante e può essere maneggiata con una sola mano.
Va fissata al braccio e non alla gamba per ridurre il rischio di impigliarsi e per averla più rapidamente a disposizione.

Le tabelle di decompressione
Gli speleosub in genere sono orientati all’uso delle tabelle di decompressione del Ministero del Lavoro Francese e pubblicate nel Bullettin Officiel fasc. sp. nr. 74.48 bis. Si tratta di tabelle ad uso professionale che tengono conto di un’impegno lavorativo piuttosto consistente in acqua fredda. In questo senso risultano generalmente più restrittive di quelle della U.S. Navy.
Oltre ai tempi previsti per la decompressione con aria, sono sempre indicati anche i tempi per la decompressione con ossigeno puro a -6 e -3 metri.
Diverso è il caso delle immersioni successive per le quali sono state previste apposite tabelle per vari intervalli.


Profondimetro, orologio, bussola e computer.
Si preferisce raccogliere gli strumenti su una tavoletta di plastica modellata allo scopo e di fissarli all’avambraccio con elastici. Gli strumenti così raccolti sono facili da consultare. Alla stessa consolle si può fissare anche il tranciafili.

Gli strumenti e il tranciafili vengono raccolti in una console.

La console deve essere facilmente sfilabile dal braccio nel caso sia previsto un cambio bombole in immersione e deve essere possibile ruotarla sul braccio per facilitare la lettura degli strumenti.

La cintura zavorra
Le cinture zavorra sono fatte in modo da poter essere facilmente sganciabili in caso di emergenza. Si tratta di una sicurezza che può essere determinante in un immersione in acque aperte. Le cinture così concepite presentano però il rischio di sganciarsi accidentalmente e una simile evenienza può essere molto grave nel caso di un immersione in cavità, per il rischio di rimanere intrappolati in una nicchia sul soffitto.
Ne emerge la necessità di dotare la cintura zavorra di una sicurezza che eviti questa evenienza. Un buon sistema consiste nel passare un elastico di camera d’aria nella fibbia della cintura in modo da evitare la sua apertura accidentale.
Ciò comporta una manovra in più quando si indossa la cintura, ma la sicurezza ottenuta ripaga ampiamente.
L’elastico comunque non impedisce di aprire volutamente la fibbia in caso di emergenza.