figli_SanMartino

LIBRO. La storia di una delle gare più famose
Da Munari a Rohrl e Darniche i campioni ci sono passati tutti
14/08/2010
 
Da Biasion a Sonda, da Pianezzola a Ceccato, da Bordignon a Calmonte, da Basso a Tolfo, Baggio e Battaglin: decine di bassanesi hanno iniziato l'attività agonistica sulla spinta emotiva del Rally di S. Martino di Castrozza. Una gara internazionale, promossa dall'avvocato Luigi Stochino, che a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, a luglio chiudeva lo studio veneziano di calle dei Fabbri per trasferirsi nel paese trentino.

Coadiuvato da un ristretto gruppo di collaboratori e amici, il penalista s'immergeva nello studio delle carte topografiche per scoprire sempre nuovi e affascinanti percorsi all'ombra delle dolomiti. Nulla era lasciato al caso. Tutto studiato e verificato nei minimi dettagli. I sopralluoghi notturni si susseguivano a ritmo incalzante. Giorgio Taufer al volante, l'avvocato al suo fianco. In mano blocco notes e penna. Chilometro dopo chilometro, il rally prendeva così spessore e a fine agosto tutto era pronto.
A San Martino di Castrozza, quando l'estate cominciava a scemare, i villeggianti erano via via sostituiti da piloti, navigatori, direttori sportivi, gommisti, giornalisti e meccanici.
Il paese prolungava la stagione e gli albergatori incassavano. Sul filo della memoria, Beppe Donazzan ripercorre nel suo ultimo libro, "Tutti figli del S. Martino", gli anni in cui il rally era una delle gare più importanti del calendario internazionale, tale da richiamare nel piccolo centro incastonato sotto le rocce di dolomia i grandi specialisti della derapata.
Da Cavallari a Munari, da Rohrl a Darniche, passando per Toni Fassina, Lele Pinto, Adartico Vudafieri, Maurizio Verini, Andruet, Kallstrom, Bacchelli, Pittoni: non c'è stato pilota di quegli anni che non abbia partecipato alla gara. E poi i bassanesi, a decine, e i vicentini, capitanati da Zeffirino "Ceo" Filippi, Cavriani e Antonillo Zordan, ogni anno sempre più numerosi.
Beppe Donazzan, giornalista e scrittore, "figlio" pure lui del S. Martino, riporta con puntalità, precisione e un sacco di aneddoti le avventure di quell'epoca e lo fa con passione. La stessa che lo portava, giornalista alle prime armi, a trascorrere notte intere sul Manghen e al terzo tornante di Valstagna, in attesa delle sciabolate dei fari della Fulvia HF del "Drago" di Cavarzere.
Non manca un pensiero, dolce e struggente, per Loris Roggia che seppe riportare in vita, a metà anni Novanta, la gara e ridarle l'antico splendore.
E con lui sono ricordati Sandro Bordignon, Vladimiro Immigrati ed Elio Nori.
Un libro, il suo, godibilissimo, da leggere tutto d'un fiato, come un bravo navigatore fa con il quaderno delle note, dando ritmo, sicurezza e velocità al suo pilota.
Un libro per "tutti i figli del S. Martino", che a Bassano, Schio e Vicenza sono tanti davvero.

Roberto Cristiano Baggio