La valle in cui, ad un certo momento della storia, è venuto annidarsi il nostro paese, per le sue caratteristiche morfologiche, è chiamata anche Canale di Brenta. Essa comprende il tratto che va da Primolano a Bassano e rappresenta la parte meridionale della Valsugana. Rinserrata ad est e ad ovest dall'altopiano dei Sette Comuni o di Asiago e dal Massiccio del Grappa, è percorsa in lunghezza dal Brenta, aprendosi variamente in larghezza, da un minimo di cinquecento metri ad un massimo di un chilometro.

La preistoria del Canale, già scritta dalla Natura, è rinchiusa da tempo immemorabile in quegli strati potenti di rocce, che dal fondovalle si levano, impaginate come fogli di un libro misterioso, sino ai lembi superiori dei nostri altipiani.Si tratta di avvenimenti remotissimi, che sfuggono ad ogni possibilità di ricordo umano, e che solo quel genere particolare di storici, che si interessano alla formazione della crosta terrestre, saprebbe decifrare.

Comunque, stando con riverenza a quello che i geologi ci dicono, le rocce più antiche della nostra Valle, formate per sedimentazione nelle profondità di quel mare che un giorno ricopriva dalle Alpi agli appennini l'intera vallata del Po, appartengono all'era secondaria, il medioevo geologico, che va da 225 a 65 milioni di anni fa.Tali rocce sono calcari o dolomie del periodo triassico, il primo di quest'era.Il secondario, infatti, è stato distinto in tre periodi geologici, che nella sucessione cronologica, dal più antico al più recente, sono il Trias, il Giurese e il Cretaceo.E' noto che di regola in un'ordinata serie di strati rocciosi, quelli più antichi stanno più in basso e quelli più recenti sono più in alto.Dunque, mentre le rocce del fondovalle, le più antiche, sono costituite da dolomia grigia del Trias (superiore) su cui si adagiano, in basso, lembi di morene e di conglomerati alluvionali, quelle più in alto, che formano gli orli dei soprastanti altipiani e scendono ripide o addirittura a strapiombo sul fondovalle, sono formate da calcari giurassici e cretacei più recenti, ma della stessa natura, di colorito giallo roseo, con caratteristiche strutture sedimentarie rosso.brune (Sasso Rosso).

Come queste rocce, impastate di miriadi e miriadi di piante e di animali marini e terrestri fossilizzati, dopo la loro sedimentazione profonda, si siano ad un certo punto, circa sessanta milioni di anni fa, sollevate alla quota attuale, non è facile spiegare.I geologi chiamano in causa vari fenomeni, come la deriva dei continenti, che, galeggiando sul Sima e sul Sial (strati profondi della Terra) si spostano, avvicinandosi o allontanandosi tra loro, o il raffreddamento della Terra, che, col procedere dei millenni, provocherebbe una contrazione e un corrugamento della superficie terrestre.

Questi spostamenti immani, all'origine delle nostre Prealpi, non si sarebbero compiuti senza manifestazioni vulcaniche e sismiche di prim'ordine, che ci spiegano la presenza di rocce basaltiche, specie ai piedi delle Prealpi, e gli incurvamenti e fratture, riscontrabili in tanti strati rocciosi.

Una volta emerse dal mare, sino a raggiungere più o meno la quota attuale, le nostre montagne sarebbero andate incontro, sempre qualche decina di milioni di anni fa, all'opera demolitrice e modellatrice degli agenti atmosferici, come il caldo, il freddo, il vento, l'acqua e, soprattutto, i ghiacciai, che, occupando e rioccupando in epoche alterne la nostra valle, l'avrebbero levigata ai fianchi e plasmata sino a assegnarle i lineamenti attuali.

Fra i fenomeni più notevoli intervenuti a modellare l'ambiente locale della nostra vallata, scavando nelle viscere stesse dell'Altopiano grotte e voragini, non va dimenticato il carsismo.Si tratta, per dirla in breve, di una reazione chimico-fisica in cui entra in giuoco l'umidità atmosferica (pioggia, acqua corrente, nebbia, ecc.) che, in presenza di copiosa anidride carbonica, intacca la roccia calcarea, sciogliendola, dopo averla convertita in bicarbonato di calcio.a reazione, iniziata in superficie, penetra spesso, attraverso la porosità delle rocce e dei terreni, in profondità, scavando doline, inghiottitoi, condotti e bacini sotterranei; e quando l'acqua, a servizio di questa reazione, arricchita di sali calcarei, giunge in spaziose caverne ed  è esposta all'aria, allora tende a liberarsi dell'anidride carbonica, trasformando il bicarbonato solubile in carbonato di calcio pressochè insolubile, che si depositerà in forma di stalattiti e stalagmiti o di rivestimento cristallino (alabastro calcareo).E' appunto il caso delle nostre Grotte di Oliero e di quanto si può osservare in altre caverne tipiche della nostra valle.

fonte "Valstagna e la destra del Brenta" di F. Signori- 1981